Giordano Bruno (battezzato col nome di Filippo) nasce a Nola nel 1548 da Giovanni Bruno e Fraulissa Savolino.

Nel 1565 entra nell’ordine domenicano, prendendo il nome di Giordano.

Nel 1575 consegue la laurea in teologia.

Sono anni nei quali viaggia molto in Italia e all’estero (Ginevra, Tolosa, Parigi). Nel 1583 arriva in Inghilterra. A Oxford inizia un corso di lezioni che è costretto ad interrompere per un’accusa di plagio. Questa la testimonianza dell’arcivescovo di Canterbury George Abbot: «Quando quell’omiciattolo italiano, che si autodefiniva Philotheus Iordanus Brunus Nolanus, magis elaborata Theologia Doctor, etc. con un nome certamente più lungo del suo corpo, visitò nel 1583 la nostra università al seguito del duca polacco Alasco, non stava nei panni per il desiderio di compiere qualche memorabile impresa, di divenire famoso in quel celebre ateneo. Ritornandovi non molto tempo dopo, quando, con molta più audacia che saggezza, ebbe occupato il posto più alto della nostra migliore e più famosa scuola, rimboccandosi le maniche come un giocoliere e facendoci un gran parlare di chentrum et chirculus et circumferenchia (tale infatti è la pronuncia del suo paese natio), egli intraprese il tentativo, fra moltissime altre cose, di far stare in piedi l’opinione di Copernico, per cui la terra gira, e i cieli stanno fermi; mentre, in verità, era piuttosto la sua testa che girava, e il suo cervello che non stava fermo. Quando egli ebbe finito la sua prima lettura, un uomo grave, che occupava allora, come tuttora occupa, una posizione eminente in quella università, ebbe l’impressione di aver letto da qualche parte quelle stesse cose che il dottore stava esponendoci: m, tenuto per sé il suo sospetto, quando ascoltò la seconda lezione di Bruno gli sovvenne di che cosa si trattava e, recatosi nel suo studio, trovò che sia la prima sia la seconda lettura erano state tratte, quasi parola per parola, dalle opere di Marsilius Ficinus». Commenta Frances A. Yates nel suo fondamentale Giordano Bruno e la tradizione ermetica (1964): «Che scena meravigliosa! C’è il mago, che espone la teoria copernicana nel contesto della magia astrale e del culto solare del De vita coelitus comparanda. E c’è il solenne dottore al quale sembra di aver letto da qualche parte qualcosa di simile, e si precipita nel suo studio per andarsi a cercare Ficino. Ma i dottori comprendono davvero di che cosa si tratta? Probabilmente no, anche se la parola “giocoliere” è significativa, poiché suggerisce l’idea di mago».

Nel 1584 escono alcuni tra i suoi lavori più importanti: la Cena de le ceneri, il De la causa, principio et uno, il De l’infinito, universo e mondi e lo Spaccio de la bestia trionfante.

Del 1585 è la Cabala del cavallo pegaseo così come il De gli eroici furori. E due anni più tardi pubblica il De lampade combinatoria lulliana e il De progressu et lampade venatoria logicorum, oltre a comporre la Lampas triginta statuarum.

A Francoforte segue da vicino la pubblicazione di alcune sue opere fondamentali. Vengono stampati il De triplici minimo et mensura, il De monade, numero et figura, il De innumerabilibus, immenso et infigurabili (1591).

Nel 1592 si trasferisce a Venezia ospite del nobile Giovanni Mocenigo, che lo denuncia all’Inquisizione facendolo arrestare: «Io Zuane Mocenigo fo del clarissimo messer Marco Antonio dinuntio a Vostra Paternità molto reverenda per obligo della mia conscientia, et per ordine del mio confessor, haver sentito a dire a Giordano Bruno nolano, alcune volte che ha ragionato meco in casa mia: che è biastemia grande quella de’ cattolici il dire che il pane si transusta[n]tii in carne; che lui è nemico della messa; che niuna religione gli piace…». All’inizio dell’anno successivo entra nel carcere del Sant’Uffizio di Roma.

Seguono svariati passaggi processuali e all’inizio del 1599 il cardinale Roberto Bellarmino chiede che gli vengano sottoposte otto proposizioni eretiche da abiurare. Bruno si mostra disponibile all’abiura, manifestando al contempo dubbi su alcune di quelle proposizioni. Dopo vari estenuanti passaggi, Bruno finisce col dichiarare di non essere disposto a pentirsi e di non sapere di che cosa avrebbe dovuto pentirsi.

Il 17 febbraio del 1600 viene bruciato vivo in Campo dei Fiori.

«Di Roma, li 19 febraro 1600 […]. Giovedì fu abbrugiato vivo in Campo di Fiore quel frate di san Domenico, da Nolla, heretico pertinace, con la lingua in giova per le brutissime parole che diceva, senza voler ascoltar né confortatori né altri».